PRIMA DEL GIORNO DOPO
REGISTA / EDUARDO COCCIARDO
DOP / LUCA RICCI
Un’isola del Mar Tirreno, giorni nostri. Luigi, uno studioso di mitologia ed esoterismo, trascina in un bosco un giovane prete alla ricerca di un’antica porta dell’Inferno. Quarant’anni prima, il piccolo Luigi vive con lo zio sessantenne, un pittore naif ritenuto dalla gente un artista folle e maledetto. L’uomo ha raccontato al nipote che alcuni anni prima i suoi genitori erano partiti per un lungo viaggio, ma il piccolo non ci ha mai creduto e l’ultimo quadro dello zio – una coppia che si tiene per mano sulla soglia di una grotta buia – sembra volergli lanciare un messaggio preciso. Mentre il Luigi del presente continua a trascinare il pavido prete fra i rovi, cominciano pian piano ad incastrarsi le tessere del suo passato. Fra le vecchie videocassette dello zio, il bambino ne trova una priva di etichetta, con un adesivo sul retro su cui è stato scritto a penna uno strano messaggio cifrato: 10 e 25. Le immagini impresse sul nastro mostrano gli stralci di un vecchio videogiornale dedicato alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Saltando da un punto all’altro del tempo, andrà così delineandosi il sogno di Luigi: dar luce al suo tragico passato e cominciare finalmente a vivere.
NOTA DI REGIA
“Quando il sorriso sgorga dalle lacrime si spalanca il cielo”. Questa frase, attribuita a Papa Giovanni XXIII ed utilizzata da Roberto Benigni per spiegare il senso più profondo della contaminazione linguistica ne La Vita è bella, si adatta alla perfezione ad una delle caratteristiche espressive di Prima del giorno dopo: la continua mescolanza di commedia e dramma, fino a creare un unico impasto emotivo, permette al protagonista di diradare le nubi che ha dentro e di intravvedere il futuro dal buco della serratura di un nuovo passato. Ma Prima del giorno dopo è molto di più di quella che oggi si definirebbe una “commedia drammatica”. Parte come un thriller/horror comedy, tocca il comico puro, raggiunge di colpo il dramma nostalgico, poi quello storico e civile, sfiora il sentimentale, ritorna all’horror e svolta nella fantascienza, per un finale che capovolgerà totalmente ogni premessa, regalando al pubblico una serie di incredibili colpi di scena. Ma c’è anche un secondo livello di contaminazione, tutto diegetico, ossia interno alla narrazione: cinema, pittura, mitologia, poesia, televisione, tutto concorre alla creazione di un organismo armonico, un grande puzzle, appunto, che, ricomponendosi delinea i misteriosi labirinti del destino individuale. Destino che non può mai dirsi sganciato dalla storia collettiva, anche quando un uomo sceglie con tutte le sue forze di vivere ai margini della società. Attraverso una fotografia che gioca continuamente col chiaroscuro, passando di colpo dalla luce all’ombra e viceversa, Prima del giorno dopo si pone l’obiettivo di riflettere sulla necessità dell’uomo contemporaneo di interessarsi ancora al proprio destino, individuale e collettivo. A fronte di una contemporaneità che sembra assolutamente indifferente a qualsiasi quesito esistenziale, tutta appiattita sullo sterile accumulo di immagini/informazioni senza passato e senza futuro, condannate cioè ad esistere nel solo istante della loro esibizione, la storia di Luigi Amitrano che sacrifica ogni possibile futuro per ricomporre testardamente le tessere del suo passato, sembra quasi il canto di un eroe antico, inadeguato alla società attuale, eppure ancora capace di creare empatia, perché forse, dietro il velo dell’apparenza, gli uomini sono solo “addormentati” e non aspettano altro che qualcosa che li spinga ad uscire finalmente dal loro lungo sonno.

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